È di poche ore fa la notizia, battuta dalle principali testate giornalistiche on line (www.lagazzettadelmezzogiorno.it, www.rainews.it/tgr/puglia, www.antennasud.com, www.baritoday.it), secondo cui la Procura di Bari ha notificato gli avvisi di conclusione delle indagini a quattro soggetti indagati (tra i quali spicca il direttore generale del Policlinico di Bari) per omissione in atti di ufficio e per morte come conseguenza di altro delitto, nell’ambito dei decessi di quattro pazienti ricoverati presso due differenti padiglioni del nosocomio barese negli anni compresi tra il 2018 ed il 2020.
Secondo gli investigatori, gli indagati non avrebbero, a vario titolo, provveduto a disporre le attività di bonifica della rete idrica ospedaliera, malgrado l’avvenuto accertamento della presenza del batterio della legionellosi, e ciò sarebbe stata la causa della morte successiva di quattro degenti.
La stretta attualità non fa che accendere nuovamente i riflettori, ove ce ne fosse ulteriormente bisogno, su un problema di enorme impatto sociale, dai più sottovalutato e dalle competenti autorità troppo spesso dimenticato.
Infatti, gli ormai noti studi scientifici hanno permesso di comprendere come la legionella possa essere contratta semplicemente mediante inalazione aerea, ossia respirando goccioline di aerosol contenente vapore infetto, veicolate mediante rubinetti, docce ed impianti di condizionamento/umidificazione.
Il bacillo è particolarmente aggressivo nei confronti di bambini ed anziani e, come è accaduto nell’ospedale barese, può condurre anche alla morte.
Sembra dunque lecito attendersi una massiccia campagna di prevenzione e di bonifica che coinvolga parimenti enti pubblici ed aziende private, poiché ancora troppo spesso i conti economici prevalgono sul diritto alla salute dei cittadini e, in particolare, delle fasce più deboli della popolazione.
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