SE IL COVID-19 FOSSE AIRBORNE COSA SUCCEDEREBBE?

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Valutiamo la possibilità che il SARS-COV-2 si diffonda effettivamente per via aerea e le conseguenze a cui andremmo incontro.

LA TRASMISSIONE

Partiamo da quello che sappiamo, o pensiamo di sapere, sul COVID-19: può diffondersi nell’aria.. Asserire però che il COVID-19 sia airborne vuol dire qualcosa in più, cioè che, oltre alle già note “goccioline respiratorie prodotte quando una persona infetta tossisce, starnutisce o parla” (droplet), particelle più piccole rimangono sospese nell’aria, rendendo l’aria stessa infetta. Per di più, queste particelle, secondo un comunicato stampa del National Institutes of Health del 17 marzo, sembrerebbero essere rilevabili nell’aria per oltre tre ore e, secondo l’infettivologo Massimo Galli, la loro trasmissione avverrebbe anche a distanze importanti, favorita dal ricircolo dell’aria.

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COSA DICE L’OMS

Sebbene l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non abbia mai di fatto rilasciato alcun comunicato che assegni evidenza scientifica alla possibilità di una trasmissione airborne del virus, nei giorni scorsi aveva fatto molto parlare di sé la lettera aperta di un gruppo internazionale di 239 ricercatori da 32 paesi, nella quale si sosteneva che ci fossero ormai prove scientifiche sufficienti per ritenere che, in alcune circostanze, il virus possa essere veicolato dall’aria.

Di fronte a così tanto clamore l’OMS si era espressa sulla questione, attestandosi però sulla linea del possibilismo. Benedetta Allegranzi, responsabile degli aspetti tecnici nella prevenzione e controllo di malattie infettive, così dichiarava: “non si può escludere” che “in ambienti affollati, chiusi e scarsamente ventilati il virus airborne, più persistente nell’aria stessa, possa trasmettersi più facilmente.

I RISCHI MAGGIORI NEGLI AMBIENTI CHIUSI

Si aggiunga anche una considerazione: se così fosse, i rischi evidentemente sarebbero più alti in ambienti chiusi, in cui presumibilmente se si condividesse tempo e spazio con una persona infetta e in mancanza di un adeguato ricambio d’aria, la possibilità di essere esposti al virus sarebbe esponenzialmente più alta che se trascorressimo lo stesso tempo con la stessa persona infetta all’aria aperta.

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COSA ACCADREBBE?

Quindi, arriviamo a ciò che possiamo domandarci di conseguenza. Apprestandoci a vivere i lunghi mesi invernali cosa succederebbe negli uffici pubblici e nei luoghi di lavoro, dotati di riscaldamento, o comunque di sistemi di ricircolo dell’aria? Cosa accadrebbe, più nello specifico, se questi impianti aeraulici non fossero adeguatamente sanificati e pronti a fronteggiare una minaccia tanto grande quanto quella del COVID-19? Una sistematica disinfezione delle condotte aerauliche garantirebbe una ventilazione appropriata e limiterebbe la diffusione di agenti patogeni aerodispersi? La risposta a quest’ultimo interrogativo è sì.

Nella maggior parte degli edifici, l’aria entra attraverso un impianto di ventilazione producendo una miscela di aria di ricircolo e aria fresca esterna. L’aria esterna è piena di agenti inquinanti e già questo basterebbe a chiedersi che genere di aria si respiri nei luoghi di lavoro e se i sistemi di aerazione siano adeguatamente pronti a filtrare al meglio l’aria. Ma se a questo aggiungessimo anche la possibilità che quell’inquinamento si unisca alle particelle SARS-COV-2, di certo si darebbe origine ad uno scenario estremamente insalubre. Senza contare che la qualità dell’aria che respiriamo non ha solo effetti a breve termine, ma anche a lungo termine, determinando numerose patologie e mettendo seriamente a rischio la nostra salute respiratoria.

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UNA POSSIBILITà DI RISOLUZIONE

Assicurarsi che i luoghi in cui lavoriamo, in cui trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, siano predisposti ad affrontare il COVID-19, è un diritto per i lavoratori e un dovere per imprenditori e gestori. Sanificare un impianto aeraulico non è un vezzo, né un’opzione. È un’urgenza. E tutti dovrebbero prestare l’attenzione che merita al problema. Garantirsi di respirare una buona aria vuol dire anche arginare in parte un problema che di recente sta subendo catastroficamente una nuova impennata. E del resto, la società non può più fermarsi e non può permetterselo il sud.

A LUNGO TERMINE

Il problema del COVID-19 purtroppo non potrà essere arginato velocemente, almeno fino a che non arriveremo ad un vaccino. Nell’attesa possiamo soltanto mettere in pratica una combinazione di misure di sicurezza preventive perché la diffusione del virus resti più contenuta possibile.

SERVIZI SPECIALI opera nel campo delle sanificazioni ambientali da oltre un decennio ed ha a cuore il problema della diffusione del COVID-19, ma invita a riflettere che, anche in scenari non pandemici, può essere un’attività intelligente dedicare del tempo predisponendo ambienti interni sani per i lavoratori.

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L’IMPORTANZA DI FARE MANUTENZIONE AGLI IMPIANTI DI CLIMATIZZAZIONE

Gli impianti di climatizzazione possono diventare un veicolo pericolosissimo di malattie per la salute umana. Vi illustriamo quali sono i rischi e cosa dice la legge sull’importanza della manutenzione.

L’obbligo imposto dalla legge

Non si tratta solo di prassi. Sull’importanza di fare manutenzione agli impianti di climatizzazione si è espressa anche la legge: nell’allegato 4 al D.Lgs. n. 81/2008 si legge che qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all’inquinamento dell’aria respirata, deve essere eliminato rapidamente. L’inosservanza comporta una serie di conseguenze che vanno dall’arresto da 3 a 6 mesi, alla possibilità del risarcimento del danno provocato, arrivando, nei casi più gravi, al delitto colposo contro la salute pubblica e alle lesioni personali colpose.

Si aggiunga anche che il Provvedimento 2636 del 5 Ottobre 2006 della conferenza Stato Regioni definisce precisi protocolli tecnici per la manutenzione degli impianti di climatizzazione, definendo idoneo il subsistema aeraulico quando tutte le superfici presentano una quantità di particolato inferiore a 1g/m2. Ulteriori direttive riguardano la prevenzione e il controllo della legionellosi, una malattia monitorata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la sua pericolosità.

I rischi per la salute

Oggi, oltre al rischio della Sindrome dell’Edificio Malato e quello della legionella, uno ancor più grave incombe sull’incolumità del lavoratore: il Covid-19.

E’ un fatto accertato che il virus, veicolato dalle polveri sottili presenti nell’impianto, entri nei luoghi di lavoro, contamini l’aria e metta in crisi le strutture. Da quel momento, l’integrità fisica degli individui potrebbe non essere più garantita e i soggetti più fragili potrebbero subire danni, a volte irreversibili per il loro stato di salute.

Non verificare le condizioni degli impianti di climatizzazione, ritenendo secondaria l’importanza di una buona manutenzione, potrebbe arrecare seri danni alla salute degli individui. E’ dunque un obbligo morale, prima che in nome della legge, che gli impianti vengano ispezionati. Un contributo che i responsabili della sicurezza delle strutture pubbliche o private devono dare perché l’autunno e l’inverno facciano meno paura.

La Servizi Speciali, la più antica azienda del territorio, è a disposizione di quanti volessero verificare lo stato del loro impianto.