Legionella: detenuto in coma nel cuneese

Ospedale San Lazzaro - Alba

Dal 31 dicembre un detenuto condannato all’ergastolo è in coma farmacologico perché colpito dalla legionella. Nel carcere di Alba questo non è il primo caso.

Ospedale San Lazzaro - Alba
Ospedale San Lazzaro – Alba

L’anno nuovo inizia subito con un grave caso di legionella: nel carcere di Alba, nel cuneese, un detenuto condannato all’ergastolo ha contratto il batterio ed è stato ricoverato urgentemente nell’ospedale “San Lazzaro”.

L’uomo, di cui non è stata pubblicata l’identità, è in coma farmacologico presso il nosocomio cittadino dallo scorso 31 dicembre e per ora non si hanno notizie sulla sua situazione. A darne notizia è stato il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe per voce del segretario regionale del Piemonte Vicente Santilli.

Nel carcere di Alba questo non sarebbe il primo caso, anzi. In precedenza un altro detenuto e anche un agente di polizia penitenziaria si sarebbero ammalati. A denunciarlo è sempre il sindacato: “Abbiamo più volte sollecitato l’Amministrazione penitenziaria a effettuare le giuste verifiche della struttura a salvaguardia del personale e della popolazione detenuta. Non abbiamo mai ottenuto delle risposte concrete”.

Questo caso riporta ovviamente a galla il problema, annoso e mai risolto, del degrado delle carceri italiane. “La situazione nelle carceri resta allarmante: altro che emergenza superata!”, denuncia il Segretario Generale del Sappe Donato Capece. Secondo recenti studi, infatti, è stato accertato che due detenuti su tre sono malati di almeno una patologia. Tra le malattie più frequenti, proprio quelle infettive, che interessano il 48% dei presenti. A seguire i disturbi psichiatrici (32%), le malattie osteoarticolari (17%), quelle cardiovascolari (16%), problemi metabolici (11%) e dermatologici (10%).

Napoli, impiegato universitario muore di legionella

La facoltà di medicina dell Federico II di Napoli

Un uomo di 60 anni, impiegato nella facoltà di medicina dell’Università Federico II, è morto a causa della legionella. Il dipartimento è stato chiuso in via precauzionale per 3 giorni.

La facoltà di medicina dell Federico II di Napoli
La facoltà di medicina dell Federico II di Napoli

Paura all’Università Federico II di Napoli: un impiegato della facoltà di farmacia dell’ateneo è morto dopo aver contratto il batterio della legionella. L’uomo aveva 60 anni.

In seguito alla notizia del decesso, l’intera struttura che ospita la facoltà di famarcia è stata chiusa in via precauzionale per 3 giorni per consentire anche – come ha spiegato il preside Ettore Novellino al quotidiano Il Mattino – l’immediata esecuzione dei lavori di sanificazione dell’impianto idrico-sanitario dell’intero dipartimento di via Domenico Montesano (zona Ospedaliera ndr.)”.

“Grande sconforto” per “l’ennesima violazione della sicurezza nelle università” e’ stata espressa dall’Udu-Unione degli Universitari di Napoli che sottolinea che “stavolta non si tratta di un problema strutturale, come nei recenti casi di veterinaria a Napoli e ingegneria ad Aversa, ma qualcosa di più grave, che si diffonde nell’aria e che è invisibile”. L’Udu ribadisce la richiesta di “un piano straordinario di manutenzione delle strutture e dei luoghi e spazi di cui usufruiscono studenti, docenti e personale tecnico amministrativo”.

Sanità: il risparmio inizia da una corretta pulizia

Spending review e sanità: per risparmiare è necessario prima di tutto abbattere il rischio infettivo nelle strutture ospedaliere. Un primo passo è cambiare i metodi di pulizia.

Una sala di degenza - Repertorio
Una sala di degenza – Repertorio

In Italia si parla tanto di riduzione dei costi, la famigerata “spending review”, soprattutto nella sanità. Molto spesso si taglia personale, esami, e prestazioni. Ma non si opera in quegli ambiti dove si può davvero risparmiare senza però influire sui servizi offerti ma anzi migliorandone la qualità. Primo fra tutti quello delle pulizie.

L’igiene delle strutture sanitarie è un fattore fondamentale ma quasi sempre sottovalutato. È opinione consolidata che i tradizionali metodi di pulizia siano adeguati ma la realtà è ben diversa: gli usuali sistemi di sanificazione, a base di prodotti chimici (detergenti, disinfettanti etc…), non solo hanno una efficacia molto ridotta nel tempo, ma sono dannosi sia per l’ambiente sia per l’uomo poiché rilasciano composti spesso più dannosi dei batteri che vanno a eliminare.

Tutto questo implica una cattiva gestione del rischio infettivo che riguarda tutti: i pazienti soprattutto ma anche gli stessi operatori e i visitatori. Basti pensare che ogni anno 8 pazienti su 100 contraggono una infezione correlata all’assistenza (Ica). Più del 30% degli eventi avversi frequenti in ospedale sono imputabili a infezioni, come quelle del sito chirurgico o delle vie urinarie, di queste il 70% sono definite prevenibili.

L’impatto economico è pesante: secondo un report del World Health Organization (WHO) a causa delle scarsa cura degli ambienti ospedalieri, in Europa ogni anno si contano 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza con ben 37mila decessi attribuibili direttamente e altri 110mila in cui l’infezione rappresenterebbe una concausa. Il tutto ha un conto salatissimo per le tasche dei cittadini: 7 miliardi di euro di spese in più.

Per diminuire sensibilmente il rischio clinico ma anche per un concreto risparmio è necessario introdurre azioni di provata efficacia e sostenibilità con l’implementazione di nuovi sistemi di pulizia e igiene, uniti a una corretta e continua formazione del personale e all’osservazione delle buone pratiche assistenziali.